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09.10.03
Audiopad, intervista a James Patten e Ben Recht.
Intervista effettuata nel corso di Ars Electronica a James Patten e Ben Recht sulla loro opera Audiopad.
A cura di Angela Serino.


Come funziona il vostro lavoro, da un punto di vista tecnico?
J: Il tavolo ha un'antenna all'interno e ciascuno degli oggetti sul tavolo ha un bobina e un condensatore che risuonano a certe radiofrequenze, un po' come un diapason. L'antenna, o meglio le antenne, all'interno del tavolo, quindi, rilevano queste risonanze e misurando i segnali possono stabilire dove sono gli oggetti. L'idea è che ciascuno di questi oggetti rappresenti una parte diversa di una composizione musicale. Per esempio: ritmo, melodia, linee di basso. Sempre sul tavolo ci sono due oggetti particolari. Uno è il microfono, che a qualsiasi distanza è a volume più alto, ed è così che controlliamo il volume stesso. L'altro oggetto cambia ciò che fanno gli altri, così se si cambiano i campioni, si cambiano anche gli effetti.

Avete registrato tutti i campioni?
B: I campioni sono stati registrati e collezionati da diverse selezioni.

Qual'è l'idea dietro il progetto?
B: L'idea che sottende ad Audiopad è di avere qualcosa dove la gestualità è molto più esasperata di quella ottenibile con un mouse. Potremmo comparare il lavoro con un batterista, visto che facciamo qualcosa in più, come muovere le braccia e le gambe, indietreggiando e avendo una reale interazione con il tavolo, in un modalità molto più simile a quella che si ha con uno strumento concreto che con un elaboratore di testi.

Ho letto delle vostre presentazioni precedenti, dove suonavate sul pavimento. Potete dirmi qualcosa in più?
J: Ciò che facciamo è espresso proprio da questo - non suonare su un palco, ma sul tavolo posto sul pavimento - e cerchiamo di essere il più possibile vicini all'audience. È interessante per noi vedere la reazione del pubblico quando entrambi suoniamo sul tavolo, suonando entrambi lo stesso pezzo, col microfono che va avanti e dietro.

Come avete scelto l'interfaccia, ossia la forma arrotondata dei pezzi che vengono spostati sul tavolo?
B: La forma dei pezzi è un'idea di James, Sono stati concepiti come oggetti che potevano avere una forma piacevole, ossia come, oggetti di per sè. Essi sono rappresentativi, ma non hanno un reale significato. I gesti sono molto più importanti e rappresentano la chiave di tutto il lavoro.
J: Cerchiamo di stabilire uno stile d'esecuzione più espressivo. Poichè è fisico, c'è anche una dinamica che impegna l'audience. Il pubblico può osservare cosa sta facendo il performer di turno. La parte più significativa dietro l'idea di Audiopad è che le persone possono vederti muovere gli arti e ascoltare le variazioni nella musica che stai suonando: il processo d'interazione è visibile e più chiaro.

Il vostro lavoro può essere usato da più di due persone?
J: Penso di sì. Avevo anche pensato ad un tavolo triangolare più grande, con una persona per ogni lato, in modo da poter controllare come gli oggetti scivolano, ecc., ma per il momento è solo un'idea.

Audiopad sembra appartenere a quella categoria di oggetti che possono essere usati per suonare anche dalle persone che non conoscono la musica. C'era anche questo nelle vostre intenzioni?
B: Penso che si riferisca più a come la nostra installazione funziona qui. Abbiamo cercato di renderla un po' più semplice e un po' più trasparente in quest'occasione, tralasciando alcune caratteristiche che di solito usiamo nelle performance, in quanto più astratte, e quindi anche se molto utili, sarebbero state difficili da comprendere. Qui la gente può entrare nel museo e rapidamente capire cosa succede.

Pensate di continuare a lavorare insieme in futuro?
J: Si, pensiamo di sì. Ben è davvero interessato alla musica e suono per molto tempo. Io sono interessato all'interazione, così insieme formiamo una buona combinazione.