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Dakadaka, Casey Reas, John Maeda
11.04.05
Dakadaka, traduzioni intersemiotiche.
Prendendo le mosse dal concetto di typing, inteso nella doppia accezione discorsiva e gestuale, Casey Reas crea Dakadaka software interattivo di rappresentazione visuale dei tasti battuti sulla tastiera. L'interfaccia è la griglia del sistema tipografico posizionale, sulla quale i segni che costituiscono la langue sono disposti in maniera rigida. Tuttavia la percussione ritmica, veloce e continua delle dita, azione fisica nello spazio, genera una parole inattesa, perché elaborata dal software, che la rende immagine mutante su un display astratto e dinamico. Il progetto realizzato insieme a Golan Levin, artista e compagno di studi all'Aestethics and Computation Group del MIT guidato da John Maeda, è coerente con l'indagine condotta da Reas sulle limitate capacità interattive dei software ancora in uso, nei quali l'interfaccia statica, basata su un sistema di icone immobili, genera frustrazione nell'utente. L'idea è quella di realizzare sistemi informatici che sappiano reagire velocemente agli input esterni. In questo caso i concetti e i desideri che gli utenti intendono esprimere, temporaneamente codificati attraverso il linguaggio alfabetico, assumono nuova forma e prendono vita nel momento stesso in cui il codice viene eseguito, in una sorta di traduzione intersemiotica. Questo tipo di riflessione ha il merito di spostare l'attenzione sul code come elemento fondante di ogni ricerca digitale. Il codice è un'insieme di istruzioni eseguendo le quali la macchina opera, ma visto nell'ottica della software art è di per sé un terreno per la pratica creativa. Gli artisti contemporanei operano in una condizione di sovrabbondanza del codice e la diffusione del linguaggio automatico fa in modo che l'attrazione verso la scrittura formale si contamini con nuove esigenze soggettive. Lo stesso Reas ha affermato: 'I need to code to make the work I desire'. Tuttavia quanto più il software diventa specifico, tanto più aumenta la sensazione che usandolo si penetri nell'immaginario di chi l'ha creato. E questo è il caso di Dakadaka, software con cui interagire nel contesto chiuso di un'installazione e non open source nello spazio pubblico della rete.
Valentina Culatti