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18.03.04
Hackers, The Art of Abstraction.
L'attitudine creativa della corretta definizione di hacker è insita nel termine stesso, che presuppone una vitalità espressa dal rifiuto delle regole imposte dall'alto e la capacità di reinventare il reale attraverso soluzioni inedite. Fino al 28 marzo al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid si svolge Hackers, The Art of Abstraction, una mostra che cerca di riscattare la concezione di hacker fuori dalle logiche di propaganda dei mass media, restituendogli il significato che gli compete, ossia quello di indipendenti costruttori di conoscenza. La capacità di astrarre, richiamata qui a buon titolo, è certamente una delle caratteristiche storiche degli hacker che l'hanno pure applicata a situazioni diverse dai soli network informatici. Curata da Jenny Marketou e Berta Sichel, ispirate, fra l'altro dal prolisso 'The Hacker Manifesto' del teorico australiano McKenzie Wark, consiste in una serie di film realizzati da autori indipendenti che hanno documentato nel tempo situazioni diverse (perloppiù europee e americane), di gruppi e scene underground che ben testimoniano quest'attitudine. I lungometraggi selezionati, seguiti da dibattiti, sono 'Freedom Downtime' di Emmanuel Goldstein, 'Free Radio' di Kevin Kayser, 'The Hacktivist' di Ian Walker, 'Unauthorized Access' di Annaliza Savage, 'New York City Hackers' di Stig-Lennart Serensen e 'Hippies From Hell' di Inne Pope.