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. book Wolfang Flür Kraftwerk/Io Ero Un Robot <book> Shake Edizioni Underground ISBN 8888865098 Nell'archeologia degli immaginari elettronici sicuramente i Kraftwerk occupano un posto di tutto rilievo: è questo, sicuramente, al di là dello scoop pruriginoso destato da una biografia controversa e poco benevola nei confronti dei compagni d'avventura, il maggior richiamo di 'I Was A Robot', opera prima di Wolfang Flür, uno dei quattro componenti e percussionista della mitica band di Düsseldorf. Artisti poliedrici, sperimentatori, dai meriti fin troppo evidenti, dopo aver impresso ben oltre le loro intuizioni e capacità personali l'evoluzione dei generi, nel passaggio dall'epoca rock-disco ai primi vagiti digitali, l'influenza del quartetto teutonico è stata decisiva soprattutto nell'innesto culturale partorito nelle metropoli americane, seminale per gli stili futuri che già nelle tecnologie immateriali davvero iniziavano ad impastare suoni e non solo teorie (pur ben congegnate e necessarie in principio). Come quasi sempre avviene in simili transizioni epocali, è difficile rimanere al centro della bufera, gli anni di silenzio del gruppo diventano troppi, la comprensione dei tempi sopraggiunti (anche grazie al proprio contributo) non sempre è lucida, inevitabili giungono le crisi e le successive rotture. Anche la storia del technopop ha i suoi fantasmi nell'armadio e nell' auspicato incontro fra uomo e macchina non è certo la prima delle due componenti a destare maggior ammirazione. Flür è un simpatico furfante che agita le sue indubbie ragioni toccando più tasti emotivi, inframmezzando la cronaca del tempo (quando il successo montava) e il ricordo degli anni successivi, fino al suo ultimo impegno con gli Yamo, mescolando riflessioni familiari, ricordi e speranze. I Kraftwerk al Festival del Cinema di Venezia, nel 1978, che litigano con Julio Iglesias e ballano con Ian Dury, le avances di Helmut Berger a Roma, la nascita della prima rudimentale drum machine, il rapporto con i propri genitori, l'amore, temi insomma da robot 'pentito', sottolineati idealmente dalle note ipnotiche di 'Trans Europe Express' e 'Authobahn' che ancora oggi ci risuonano nella testa al solo pensiero delle loro facce pallide con capelli rasati e basette diritte, dopo la sbornia dei figli dei fiori. Noi siamo i robot, mamma, il tempo cambia ogni cosa. |