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05.12.02 La censura in rete più efficace è quella cinese
La Cina ha il sistema di censura in rete più efficace. Questo è quanto sostiene uno studio sviluppato dai ricercatori della Harvard Law School, che hanno quantificato in 19.000 i siti negati agli utenti della Repubblica Popolare, tutti considerati pericolosi dal governo. I dati ottenuti testando l'accesso da diversi luoghi del paese evidenziano i blocchi nei confronti di contenuti quali notizie d'attualità, politiche e religiose, insieme ad alcuni siti d'intrattenimento ed educativi. I 46 milioni di utenti cinesi sono stati così privati di fonti necessarie per una pluralità d'informazioni, anche se il governo consente l'uso della rete per scopi commerciali, culturali e d'intrattenimento, cruciali nella globalizzazione economica. Metodi per aggirare la censura ce ne sono, ma chi li usa solitamente o è molto determinato o sufficientemente edotto tecnicamente (vedi Aggirato il great firewall of China.). Secondo i ricercatori di Harvard, paradossalmente internet può essere più semplice da controllare degli altri media. Controllare, infatti la posta o le comunicazioni telefoniche è impossibile da perseguire per tutti i cittadini, mentre per internet lo stato controlla i router della backbone nazionale, e intervenendo su questa si bloccano la maggior parte degli accessi. Dopo le repressioni sui cybercafè dello scorso anno (vedi La Cina chiude 17.488 netcafè.) tutti i maggiori siti del Tibet e di Taiwan sono stati inseriti nella 'lista nera', come pure quelli di Amnesty International e dello Human Rights Watch. I governanti hanno addotto come scusa pubblica quella di arginare il proliferare della pornografia, ma secondo quanto appurato dagli stessi ricercatori solo il 15 per cento dei maggiori siti sessualmente espliciti viene bloccato, mentre in Arabia Saudita se ne riescono a oscurare l'86 per cento.