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The Robotic Percussionist, Gil Winberg, Scott Driscoll
03.02.06
The Robotic Percussionist.
Immaginiamo una situazione tipo: una jam session tra talentuosi musicisti che esercitano tutta la loro creatività attraverso l'improvvisazione, ascoltandosi a vicenda e reagendo gli uni agli stimoli degli altri. Pensiamo però al triumvirato composto da Ellington e Mingus con una variazione alla batteria: non Max Roach bensì Haile, il robot percussionista. Definirlo una drum machine sarebbe riduttivo, perché il prototipo sviluppato dal Gil Winberg e Scott Driscoll al Georgia Institute of Technology è un robot antropomorfo che utilizza il potere computazionale e gli algoritmi numerici per ascoltare i musicisti dal vivo, analizzare la musica prodotta in tempo reale e suonare con loro improvvisando. Secondo Winberg, Haile è in grado di produrre musica mai eseguita in precedenza, generando una nuova forma di interazione uomo-macchina capace di condurre a un sound originale. Questa peculiarità risiederebbe nella dimensione acustica e analogica che la musica digitale acquisirebbe, riprodotta non attraverso speakers ma da eseguita dal vivo e, nello specifico, su un tamburo Pow-wow tipico Nativi Americani. La combinazione analogico/digitale spicca anche attraverso il rivestimento in legno del prototipo, disegnato grazie alla collaborazione del College of Architecture, di cui il Music Dept. è parte. Il progetto si inserisce nello stesso filone di ricerca che accomuna esperimenti come GuitarBot e P.E.A.R.T. ed è volto a soddisfare l'esigenza ormai diffusa tra i musicisti elettronici di interagire con un partner dalla sembianza umana.
Valentina Culatti