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. industrial-dark
Ant.Colony
<CD> Ant-Zen
Compilation celebrativa per i dieci anni della Ant-Zen, label il cui nome è ormai divenuto identificativo sia per un genere che per una comunità di musicisti ed ascoltatori. O sarebbe meglio dire per la colonia dei fortunati che hanno avuto l'audacia di avvicinarsi al mondo di questo formicaio, magari proprio grazie al disco di cui stiamo parlando. L'introduzione è affidata a p-a-l e realizzata con una voce maschile che sembra tratta da registrazioni anni 50; un suono elettronico ed amplificato pervade l'intera traccia, mentre una sfilza di beat elettronici ci colpisce con Imminent Starvation, quasi si trattasse di pugni che ci sballottano e ci confondono grazie anche a beep elettronici dal ritmo tribale (ma questa volta l'estasi ha il volto industrial). Un po' troppo insipido il mix di percussioni e scratch a cura di Silk Saw, il quale si salva solo grazie al netto rallentamento inserito nel bel mezzo del brano. Un vero terrore avvolge le alterazioni digitali di 'No Fright' e la voce di Synapscape (che sembra continuamente sputare minacce e odio), subito seguite dai grandi Celluloid Mata e dalle distorsioni di suono in 'Cyber Colony'. Sono proprio loro a realizzare la traccia simbolo della compilation (e quindi della Ant-Zen tutta), e se i toni sembrano calmarsi con Telerotor e la sua 'Karoshi', il tutto si rivela una semplice impressione iniziale che preclude ad un fitto intreccio di percussioni attraversate da freddi tagli digital. Hypnoskull si immerge nell'hardcore digitale di 'Operation Tough Boy...', i cui i volumi sono volutamente esagerati tanto da far gracchiare il suono e renderne abrasivo il cantato, tutto l'opposto de L'Ombre, che colloca in territori ambient una sfilza di suoni che hanno l'apparenza di spari: un brano che ha l'aria di un ossimoro, dove l'eco svolge una funzione essenziale nel continuo sostituirsi degli elementi sonori e che si spezza con l'arrivo dell'ibridazione hip-hop inventata da Asche. Restano rinchiusi nella parte finale del cd gli acuti stridori di Converter, l'instabilità sfocata e deforme degli eccessi elettro di Azure Skies, come anche i cori da setta religiosa su un tappeto techno di This Morn' Omina... E non poteva essere riservata migliore conclusione che ai riferimenti dark spietatamente dolorosi di Ars Moriendi, i quali chiudono l'album con le chitarre sanguinanti di 'Armageddon'.
Michele Casella