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. electroacoustic
Perlonex Peripherique
Ignaz Schick, Ancrea Neumann Petit Pale
Ignaz Schick Tabit
Keith Rowe, Burkhard Beins Grain
<CD> Zarek
La creazione come determinazione dell'istante, di uno stato d'animo, attraverso schermi talvolta irrisolvibili dai quali farsi semplicemente avvincere. Con Perlonex (dietro il cui moniker si celano Schick, Zeger e Beins) irrompe un forte senso di estraniazione, come sotto l'effetto di un anestetico, ed attraverso questo stato di stordimento vengono filtrati il percuotere dei tamburi, gli sfrigolii provenienti da ambienti estranei o ancora i bleep di chissà quale apparecchio mal funzionante. Sembra di assistere ad un procedimento di creazione manuale, concreto, mentre il pezzo volge, irrequieto, a momenti epilettici combinati con altri di calma, di suoni minimali, di silenzio. In 'Petit Pale', invece, Neumann e Schick collocano gli elementi elettronici su di un fruscio di fondo condensato fra gli accenni di un piano in continuo interrompersi e ripartire. Fischi, frequenze disturbate, carrucole in movimento, tutto rigorosamente dal vivo, ambito nel quale i due sembrano creare un continuo ossimoro fra noise e piacevolezza in una soluzione formale che volge alla frattura. Il suono si sgretola fino al rimanere dei semplici cocci oppure tenta di fotografare un preciso attimo, uno sfregarsi di tessuti; il minimale che si amplifica fino all'eccesso di suono, alla saturazione. Reiterato e caustico, con 'Tabit' (album solista di Ignaz Schick) sembra di essere all'ascolto di comunicazioni provenienti da molto lontano, da uno spazio in cui i suoni si ripetono in un rimbalzo forsennato di frequenza estreme, tanto da risultare altamente sconsigliata l'esposizione continuata a tale sorgente. Fra le proposte più estreme e scarne del catalogo Zarek, 'Tabit' colpisce per lo stato di soggezione che riesce ad incutere nella sua univoca e fin troppo omogenea sembianza di ripetitore ed amplificatore del suono. Di conseguenza ben si può accostare a 'Grain' di Rowe e Beins, dove lunghi movimenti accesi da tremolii e stridori, colpi cupi e secchi, vengono attraversati da attese misurate e spazi vuoti dal forte grado di tensione emotiva. A ciò contribuiscono la batteria ed il carattere elettronico di 'Grain 2' in un macchinoso continuum dove lo spazio live e la reiterazione (ancora) prendono il sopravvento. Spettacolo dell'immaginazione e della visione astratta in cui contenitore e contenuto tendono a far sbiadire i rispettivi contorni.
Michele Casella